Generazione Amici, delirio teenager

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@talia@
00lunedì 21 aprile 2008 22:45
Ottantamila in Piazza del Popolo per il concerto
MARIA CORBI
ROMA
Eccoli i ragazzi di «Amici», stipati uno all’altro, con il sole a picco e le urla che invadono piazza del Popolo. No, non è un concerto dei Beatles, le ragazze che si schiacciano alle transenne sono qui per Marco Carta e Pasqualino Maione che insieme agli altri alunni della scuola di Maria De Filippi, sul palco, si agitano e ringraziano con uno sguardo che dice: «Non può essere vero». E invece è vero, come sono veri i ragazzini che sono arrivati qui per loro - in ottantamila - una generazione sconosciuta, consacrata dal talent show, che è sfuggita fino ad ora alle analisi degli esperti. C’è Mara, arrivata da Tor Bella Monaca, ha scritto in faccia il nome del suo idolo, Marco Carta, il vincitore sardo, appunto: «Lo amooooooo», urla con le lacrime che le scendono sulle guance sciogliendo l’inchiostro. «Ho sempre votato per lui e odio Grazia Di Michele che lo voleva cacciare dalla scuola».

Perché insieme ai ragazzi protagonisti di questa reality-school sono gli insegnanti, una categoria appannata nella vita reale che dentro le aule di Cinecittà riacquista vita e credibilità. C’è la perfida Celentano che vuole solo ballerine esili e fisicamente compatibili con il plie. C’è la Di Michele che non tollera la poca costanza di Marco. O il terribile Anca che come Dracula morderebbe tutte le ballerine dalla caviglia grossa. Insomma professori appassionati e severi, tipologia estinta nei licei tradizionali. Cinzia, arriva da Grottaglie (Puglia), tanta strada per vedere da vicino Giuseppe, cantante, con il sorriso piacione stampato su una bella faccia, un po’ Albano, un po’ Tiziano Ferro, batte le mani e invita la folla: «Cantate con me». Miracolati da Maria De Filippi, ragazzi recuperati dalla televisione dopo che la scuola ufficiale, quella delle tabelline e della storia a memoria, li ha persi per strada. «Io aspetto di compiere 18 anni per provare a entrare ad Amici», spiega Mirko.

Il sogno del successo, della notorietà. O forse solo il sogno di una vita migliore. Provarci. «Chi entra lì ha una chance», dice Ginevra («ma mi chiamano tutti Ginni»), che si è tinta i capelli a strisce bionde e nere come Lucy, la Jessica Rabbit, dalla coscia forte. Ecco cosa è «Amici», la speranza di uscire dall’anonimato nonostante non si sia nati con il cognome o all’indirizzo giusto. Antonino da Palermo, ballerino, spiega: «La cosa che più mi fa vergognare è quando sono tra persone ricche». Cassandra da Firenze, operaia d’estate, commessa d’inverno. Giulia da piazza Armerina, con il sogno di andare a studiare in America. E poi c’è lui, Marco Carta, il vincitore, parrucchiere, orfano, con la voce graffiata di Baglioni e le vocali chiuse della sua terra. «Ho vinto grazie a mia madre che mi ha guardato dal cielo e a Luca Jurman che ha creduto in me e mi ha aiutato». Ancora un grazie a un professore da uno che la scuola non l’ha mai amata. Ma qui siamo ad Amici, ragazzi. «Anche quest’anno ci proverò, devo farcela...», spiega Stephanie («mia madre mi ha chiamato così perché vede sempre Beautiful»), ha tra le mani il cd «Ti brucia» (30mila copie in due settimane, già disco d’oro), con le canzoni dei ragazzi, le guance arrossate dalle lacrime e dal sole. Grida: «Roberta». E’ lei, la cantante precisetta e secchiona del gruppo, la sua preferita. «So a memoria gli inediti che canta nel cd», dice. «Doveva vincere lei». Una scuola, una trasmissione, ma anche una gara con le tifoserie schierate come Montecchi e Capuleti e in mezzo, Maria De Filippi, la preside inflessibile e materna che non disdegna di sollevare qualche rissa anche tra professori. Certo non c’è niente di più lontano dalle logiche radical chic, ma se i politologi volessero capire i motivi dell’ultima rivoluzione elettorale forse è proprio qui che dovrebbero cercare, tra questa generazione di ragazzi nati senza speranza e senza camicia che sognano una possibilità e una maglietta bianca o blu che vesta il loro talento e il loro merito.
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