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Magnani, un mito lungo 100 anni

Ultimo Aggiornamento: 07/03/2008 18:59
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07/03/2008 18:59

Icona del neorealismo italiano

Come non ricordarla in "Mamma Roma", "Vulcano", "Bellissima" e vincitrice dell'Oscar nel 1956 per "La rosa tatuata". Ricorre il centenario di una delle attrici più famose del nostro cinema: Anna Magnani. Nata a Roma il 7 marzo del 1908, figlia illegittima di padre ignoto. E' con "Roma città aperta" di Rossellini, girato nel 1945, che la Magnani conosce la notorietà mondiale, diventando così l'icona del neorealismo italiano.

Anna Magnani era nata a Roma ma per molti anni lasciò correre la leggenda per la quale sua madre Marina l'aveva concepita in Egitto, ad Alessandria. La confusione veniva dal fatto che la donna, una sarta originaria di Fano, abbandonò ben presto Anna alle cure della nonna materna e si trasferì in Egitto seguendo un facoltoso uomo d'affari austriaco.

Cresciuta nella Roma popolana e vitale degli anni Dieci, in una famiglia tutta di donne (oltre alla nonna c'erano cinque zie e un solo zio), Anna fu poi iscritta dalla madre (tornata per breve tempo in Italia, ma mai veramente legata a questa 'figlia della colpa') in un collegio di suore francesi, poi lasciato per il liceo e la scuola di recitazione. Solo molti anni dopo, in seguito a ricerche condotte in gran segreto, Anna avrebbe conosciuto il cognome  del padre (un calabrese di nome Del Duce) e si sarebbe riappacificata con le sue radici.

Nel frattempo però, sotto la guida di Silvio D'Amico (che le insegnò recitazione) Anna Magnani era già diventata attrice, soubrette, cantante, dividendo i primi passi della carriera con Paolo Stoppa che le fu sempre amico fedele pur lamentandone gli eccessi caratteriali e la fragilità interiore.

Arruolata nella compagnia Vergani-Cimara e poi in quella di Totò, la Magnani avvia dopo il 1929 una frenetica attività in palcoscenico, percorre tutta la penisola in tournée massacranti e viene instradata al cinema dal capocomico Antonio Gandusio che la presenta a Augusto Genina e Nunzio Malasomma che le offrirono piccoli ruoli nei film "Scampolo" (1928) e "La Cieca di Sorrento" (1934).

Il suo vero pigmalione resta però Totò con cui fa compagnia nel 1941, finché Vittorio de Sica le offre nello stesso anno la prima parte cinematografica di rilievo in "Teresa Venerdì". Negli anni '30  era comunque apparsa in molte pellicole di successo, incoraggiata da Goffredo Alessandrini che la sposò (infelicemente) nel 1935 e che avrebbe poi ottenuto solo molto più tardi l'annullamento del matrimonio. Il legame coniugale non limitò comunque la passionalità della Magnani che, nel 1942, ebbe anche un figlio (Luca), frutto della breve relazione con Massimo Serato.

Proprio quella gravidanza impedì a Luchino Visconti di scritturarla per "Ossessione" (1943), ma l'appuntamento con il destino era solo rimandato: due anni dopo Roberto Rossellini le offrì la parte della Sora Pina in "Roma Città Aperta" e le schiuse definitivamente la porta del successo mondiale, diventandone anche il compagno nella vita privata.

Da quell'autentico trionfo, Anna Magnani divenne l'icona assoluta di un nuovo cinema italiano, il neorealismo, che conquistava le platee di tutto il mondo, celebrandone il personaggio e le straordinarie doti di veridicità drammatica in una serie ininterrotta di capolavori: "Abbasso la Ricchezza", "L'Onorevole Angelina" (Coppa Volpi alla Mostra di Venezia), "Bellissima" (Nastro d'Argento), "Nella Città l'Inferno", "Risate di Gioia". Intanto, lasciata da Rossellini che le preferì Ingrid Bergman, Anna Magnani fu capace di emanciparsi dal ruolo di star totalmente italiana e, grazie all'amicizia con alcuni dei maggiori artisti dell'epoca, si inventò una seconda carriera internazionale: "La carrozza d'Oro" di Jean Renoir la rese beniamina di Francia, "La Rosa Tatuata" (scritta per lei da Tennessse Williams) e da lei interpretata per il cinema nel film di Daniel Mann, la portò a trionfare a Hollywood alla fine degli anni '50, prima italiana a vincere un Oscar come migliore attrice.

In verità in quei film, come nei successivi "Selvaggio è il vento" di George Cukor o "Pelle di Serpente" di Sidney Lumet, la Magnani non veniva meno al clichè costruito sapientemente sul suo personaggio di popolana volitiva, donna appassionata, madre mediterranea. Proprio gli elementi che colpirono Pasolini e portarono questa inedita coppia allo straordinario successo di "Mamma Roma", autentico terzo capitolo nella vita artistica dell'attrice. Che in seguito avrebbe tenuto a battesimo anche il cinema per la tv grazie al sodalizio con Alfredo Giannetti e avrebbe poi regalato a Federico Fellini, nel 1972 l'autentico volto di Roma nel film omonimo. Era l'ultima apparizione sullo schermo della Lupa Romana che si sarebbe spenta l'anno seguente nella sua città, dopo una dolorosa malattia.

LUCA MAGNANI: "SU MAMMA LUOGHI COMUNI"
Ci sono stati "una certa ottusità e molti luoghi comuni su mia madre, e questo credo l'abbia molto intristita, soprattutto nell'ultima parte della sua vita, quando lavorava meno. E' stata messa da parte, per indifferenza", l'ha detto il figlio di Anna Magnani, Luca. "Mia madre era una persona di una modernità incredibile, che non ha mai seguito le mode ed ha precorso i tempi - ha aggiunto il figlio dell'attrice -. Passava per sguaiata, per una che diceva le parolacce, ma in realtà era semplicemente una donna che agiva alla luce del sole".



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