Questo racconto scritto da Karen Blixen (1885-1962), e rappresentato magistralmente nell'omonimo film da Gabriel Axel, è ambientato in un paesino sul fiordo norvegese, dove vivono Martina e Filippa, figlie del fondatore di una setta religiosa luterana. Le due sorelle, che in gioventù hanno rifiutato, con grande pena, l'amore l'una di un giovane ufficiale, l'altra di un famoso cantante francese, ormai anziane vivono seguendo ancora i dettami del padre: rifiuto dei piaceri terreni, semplicità, rigore, spiritualità e cura dei poveri.
A loro servizio c'è Babette, fuggita da Parigi per salvarsi dai massacri seguiti alla fine della Comune del 1871 che le hanno portato via il marito, il figlio, gli amici. Silenziosa e dall'animo profondo, conquista la stima e l'affetto di tutti.
Dopo dodici anni di vita con le due sorelle, Babette scopre di avere vinto diecimila franchi grazie al biglietto della lotteria che un amico di Parigi le rinnova ogni anno. Credendo che, ora, Babette tornerà in Francia, Martina e Filippa non si sentono di negarle l'unica richiesta avanzata in tanti anni: cucinare (e offrire con il proprio denaro) un pranzo celebrativo in occasione del centesimo anniversario della nascita del decano, loro padre.
L'attesa del pranzo
L'idea di questo pranzo non viene accolta volentieri da Martina e Filippa. Dopo una vita trascorsa all'insegna della frugalità e del rifiuto di ogni gioia mondana, un vero pranzo francese si carica del valore di potenziale pericolo e di occasione di peccato. La grossa tartaruga che viene recapitata a casa loro diventa emblema della mostruosità e dell'orrore che può scaturire da questo convivio.
Alcune frasi esprimono bene l'ansia che caratterizza l'attesa:
- le sorelle "si vedono sopraffatte da quel pranzo francese, avvenimento di natura e portata incalcolabili";
- Martina insonne pensa inorridita che lei e Filippa avrebbero ospitato "un sabba di streghe";
- Martina esprime la sua preoccupazione ai membri della Confraternita fondata dal padre e si promettono che "quel giorno avrebbero taciuto a proposito di cibi e bevande".
Ad accentuare la tensione dell'atmosfera ci sono anche i dissapori degli appartenenti alla Confraternita, che sembrano incatenati a vecchi rancori e screzi.
Il pranzo
Babette è in cucina e impartisce lezioni ad un giovanotto che serve i commensali.
Ad ognuno viene riempito un bicchierino. Tutti i membri della Confraternita ricordano il voto di non pronunciare parola sul cibo, e si distingue un ospite straniero: il generale Loewenhielm che, trentuno anni prima, in quella stessa casa, aveva intravisto una vita "più alta e più pura" insieme a Martina e, di fronte all'impossibilità di realizzare quell'ideale, se ne era andato dichiarando: "Qui ho davvero capito che il Destino è duro, e che in questo mondo esistono cose impossibili". Questa sera l'uomo di successo, l'uomo di mondo, che ha ottenuto tutto eppure è tormentato, vuole la conferma di avere fatto, allora, la scelta giusta.
E' l'unico a commentare - tra sé e sé, o ad alta voce - quanto gli viene servito, a cominciare da quel bicchierino, che riconosce come il miglior Amontillado che abbia mai assaggiato; lo stesso vale per la minestra: brodo di tartaruga.
Si noti il suo pacato stupore: assaggiando il vino "sussultò"; poi lo posa "sbalordito". E, al rendersi conto che il brodo è di tartaruga, "fu preso da uno strano panico e vuotò il bicchiere".
Intanto gli altri, che hanno fatto voto di non parlare riguardo al cibo, iniziano a conversare; la tensione si scioglie, i vecchi rancori si allontanano. Anche il generale conversa, ma alla vista della nuova portata ammutolisce, dicendo a se stesso: "Inaudito! Questo è Blinis Demidoff!", mentre gli altri commensali consumano quel piatto con l'indifferente calma di chi lo ha mangiato "tutti i giorni per trent'anni di fila".
Ed ecco un altro vino, questa volta spumeggiante, che a tutti sembra una sorta di limonata, tranne che al generale, che riconosce un Veuve Cliquot del 1860. E quando lo annuncia al suo vicino, la risposta è un commento sul tempo.
Intanto, nonostante il voto, "i convitati si sentivano alleggerire di peso e di cuore più mangiavano e più bevevano".
Ed ecco il culmine del pranzo, Cailles en sarcophage (quaglie in sarcofago), che riportano il generale al Café Anglais di Parigi, dove assaggiò quello stesso piatto cucinato "dal più grande genio culinario dell'epoca", una donna. Lui non sa che quella donna è di là, in cucina, come non lo sanno ancora Martina e Filippa.
Prima di congedarsi, il generale, come se avesse raggiunto l'illuminazione che stava cercando, saluta Martina e le dice il contrario di quello che le disse trentuno anni prima: "Stasera, cara sorella, ho imparato che in questo mondo qualsiasi cosa è possibile".
Il miracolo del pranzo
E' il miracolo della riconciliazione: il generale si riconcilia con se stesso, comprendendo che l'incontro con Martina lo ha segnato in maniera indelebile e che, spiritualmente, ha trascorso con lei tutti i giorni della sua vita. Anche gli altri si riconciliano tra loro: i taciturni diventano loquaci, i sordi iniziano ad ascoltare, i dissapori del passato rimangono confinati nel loro tempo, ora esiste soltanto un presente pieno di grazia.
Lo stesso vale per Babette, che ha speso tutti i diecimila franchi perché quello è il prezzo di un pranzo per dodici al Café Anglais. Rimarrà in Norvegia, senza soldi, eppure ricca, perché ha potuto realizzare ciò che è più importante per un artista: esprimersi al meglio, come le disse un giorno Achille Papin, il famoso cantante innamorato di Filippa. C'è anche lui, lì, quella sera, evocato dalle parole di Babette e mai fuggito dai pensieri di Filippa. E tutto sembra trovare un senso, ogni cosa terrena ha il sapore dell'eternità, perché spirito e carne non sembrano più così distanti.
http://www.catconfesercenti.it/alimentandoweb/10_cultura.htm