"Chi era l'uomo che ho visto in piedi accanto alla finestra?"
Elizabeth ripeté la domanda, dal momento che Aidan Conley sembrava essersi addormentato o caduto in trance. Elizabeth si vide riflessa nei grandi occhiali sbilenchi e non poté non domandarsi che aria avesse l'uomo dinanzi a sé con un taglio di capelli appropriato e con la barba rasata.
"Ah, quello?" replicò lui con voce ancor più stridula del solito. "Ecco, devi aver visto. la mia guardia del corpo, Corey Rockford. Rock, per gli amici. Lui, ehm... doveva andare via."
"Oh." Elizabeth si rabbuiò. Era cresciuta in quella casa. Lasciare quella stanza significava doversi imbattere in lei.
"Sta al terzo piano" proruppe Aidan con un improvviso sorriso. così smagliante da coglierla di sorpresa. Lo vedrai spesso, è un tipo veramente in gamba. Un ex campione di atletica. Quelle scale per lui non sono niente, ecco perché le ha potute fare così di corsa."
"Capisco." Se c'era qualcosa che odiava di più degli atleti, era il modo in cui costoro la trattavano. Elizabeth l'aveva sperimentato fin troppo spesso al college, ancora prima che diventasse la donna attraente che era attualmente. Aveva dovuto mettere a posto giocatori di hockey e star del basket, tutti con lo stesso intento: quello di raggiungere le sue zone off limits.
Stanca di doversi difendere di continuo, aveva deciso di frequentare solo ed esclusivamente uomini che poteva tenere al loro posto con relativa facilità. Eppure continuava a essere attratta da un paio di spalle larghe, da due braccia forti e da una prorompente mascolinità, al punto che.
"Forse potrebbe invitarla a pranzo fuori per festeggiare la sua assunzione in questa casa."
Elizabeth lo fissò sorpresa, poi scosse la testa. Che diavolo si era messo in testa quel tizio, di organizzarle incontri con la sua guardia del corpo? "No, grazie. Sono certa che oggi sarà una giornata intensa. Forse sarà per un'altra volta."
"Essendo naufragata, sono una barca inutile./ Lui di grande statura e di buon orgoglio:/ Perché se lui prospera allora io sarò naufraga,/ La cosa peggiore è proprio questa: Il mio amore fu la mia rovina. Shakespeare, sonetto numero."
"Ottanta." Elizabeth trattenne il respiro. Quello era uno dei suoi sonetti preferiti, la storia di un animo sfortunato che temeva di perdere la sua amata a causa di un uomo migliore. Che Aidan stesse cercando di.
"Elizabeth." Lui la chiamò con quello stesso tono roco che aveva già usato il giorno precedente e che già le aveva procurato un brivido in tutto il corpo. Be', con tutta probabilità poteva avere la meglio su Aidan Conley.
"Sì, signore?" Elizabeth si sforzò di ricordarsi il vero motivo per il quale si trovava lì. Non era lì per innamorarsi di un tipo che aveva l'aspetto di Rip Van Winkle, che sfidava il suo concetto di igiene personale, per non parlare del fatto che era impotente.
Aidan girò le ruote della sedia a rotelle e le si accostò al punto che lei poté avvertire la fragranza di un gradevolissimo dopobarba, prima di essere investita da un forte odore di muschio dovuto forse ai capelli che necessitavano di essere lavati. "Chiamami Aidan."
"Sì, signore. Cioè, Aidan" sussurrò lei. Che diavolo le stava succedendo? Chiamarsi per nome l'avrebbe portata a un livello di intimità più profondo.
"Bene." Aidan si portò dietro l'enorme scrivania di mogano situata dove un tempo c'era il letto a baldacchino di Elizabeth. "Reeves ti mostrerà quali sono le tue mansioni."
Lei chinò la testa con deferenza e uscì dalla stanza per cercare il maggiordomo. Dopo un giro d'ispezione per la casa, si armò di alcuni attrezzi per la pulizia e s'infilò in tasca un metro avvolgibile. L'unica cosa che doveva fare, per trovare la camera segreta, era misurare le pareti fino a quando non ne avesse trovata una fuori misura. La stanza segreta sarebbe dovuta essere lì dietro.
Sorrise soddisfatta e si avviò in direzione del soggiorno da dove avrebbe iniziato il suo lavoro. Con il padrone rinchiuso nello studio e il resto del personale al lavoro, avrebbe potuto trovare i gioielli, offrire a sua madre la migliore assistenza medica e infine prenotare quel viaggio per la sognata Inghilterra. Con un po'di fortuna, sarebbe stata una questioni di giorni concretizzare i suoi progetti.
Almeno fino a quando quel Rock se ne fosse stato al posto suo.
* * *
Rock entrò nel soggiorno richiamato dai rumori che la sua nuova domestica stava provocando. Era determinato a ignorare l'attrazione primordiale che avvertiva e a rafforzare quella connessione che aveva già stabilito con lei, anche se mascherato da Aidan. Ma dopo soli due passi nella stanza, raggelò.
Elizabeth era piegata in avanti, con la testa ficcata dentro il camino. Che tentazione, in quei jeans che la coprivano come una seconda pelle! Stoppati! Doveva bloccare quei pensieri e concentrarsi sulla poesia. Doveva fingere di mantenere una conversazione del tutto casuale, pensare a tutto tranne a ciò che aveva realmente in testa. "Ha perso qualcosa?"
Colta di sorpresa, Elizabeth si sollevò di scatto e batté la testa contro la mensola di marmo del camino. Rock si affrettò a soccorrerla e, prendendola per un braccio, l'aiutò a uscire da lì. Una pelle morbida, dei capelli di seta. Basta!, si ordinò. "Sta bene? Che diavolo stava facendo lì dentro?"
"Sto bene. Volevo accertarmi se il camino. avesse bisogno di essere pulito." Quindi Elizabeth si massaggiò la testa dove aveva preso il colpo e fissò l'uomo davanti a sé con un'aria di attesa.
Rock prese un profondo respiro. Era giunto il momento di far colpo su di lei usando la sua intelligenza. "Be', io sono Rock."
"E io Elizabeth."
"Lo so." Quindi restò in piedi di fronte a lei, impacciato e imbarazzato proprio come quella volta in cui suo padre gli presentò - a sedici anni appena compiuti - la donna con il compito di iniziarlo al sesso facendolo diventare dipendente fino ad appena qualche anno fa.
"Sono spiacente, signor Rock" rispose lei accigliandosi nel notare che lui aveva iniziato a fissarla, anzi a divorarla con gli occhi. "Desiderava qualcosa?"
All'improvviso Rock fu colto da un'ispirazione: quella era la stessa donna che le telecamere di Conley avevano sorpreso a curiosare intorno alla proprietà. Avrebbe potuto tentare di scoprirne la ragione, visto che anche in quel frangente l'aveva colta in flagrante con la testa dentro il camino. "Elizabeth... possiamo darci del tu. Sei di Princeton?"
"Sono cresciuta lì, ma adesso vivo a Pennington con mia madre" rispose lei in tono mesto.
"Insegni alle scuole superiori?" le domandò lui guardandosi una mano per apparire del tutto casuale, ma non poté trattenere un sorriso di soddisfazione allorché lei annuì. "Presso quale College?"
"Princeton."
"Però!" Quindi si avvicinò a lei di qualche passo per innervosirla, esattamente come faceva il suo eroe detective Dirk quanto voleva agitare i sospettati. Solo che lei, a differenza dei suoi personaggi, indietreggiò lanciandogli un'occhiata circospetta, piuttosto che intimorita. "Perché hai deciso di fare la governante?"
"Ho bisogno di denaro extra. Perché tutte queste domande?"
"Oh, niente. Pura curiosità." Era ora di fare marcia indietro, la ragazza si stava insospettendo. "Allora, dimmi: che cosa ne pensi del tuo datore di lavoro?"
"Mi sembra una persona gentile e cortese. Non il mostro che la stampa descrive" aggiunse Elizabeth arrossendo.
"Bene, bene... Mi sembra che ti abbia colpito." Incredibile! Rock era riuscito a farla arrossire per un impotente immobilizzato su una sedia a rotelle e, al contrario, non riusciva a strapparle un sorriso nelle vesti di se stesso!
"E' un gentiluomo" disse infine con sguardo malinconico. "Conosce bene la poesia. Io mi sono laureata in letteratura inglese a Princeton, con una tesi su Shakespeare."
"Anch'io adoro Shakespeare."
"Davvero...?" commentò lei con aria dubbiosa.
Rock trattenne il fiato. Le cose non si stavano mettendo bene. Non poteva certo citare qualche altro verso del sommo poeta. Sarebbe stata una coincidenza troppo sfacciata, che il padrone di casa e la sua guardia del corpo citassero sonetti di Shakespeare come canzonette. Ma quale altro poeta conosceva così bene? E poi, come risvegliarle quell'indicibile dolcezza nello sguardo e nei lineamenti?
"Gelida nella terra - e la neve spessa sopra di te,/ rimossa lontana e fredda nel temuto sepolcro." Rock si schiarì la gola. A giudicare dall'espressione glaciale che si era stampata sul volto di lei, aveva fallito nel suo intento. Cos'altro poteva citare? "Erano versi della Brontë. Che ne dici di Browning? Ti ho lasciata che eri una tenera bimba,/ una donna lontano dalla maturità degli anni:/ ora vengo a te, un corpo solenne."
Lei lo guardò come se avesse emesso un rumore fastidioso. Rock sospirò e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa sulla quale battere la testa. Accidenti ad Aidan e alla sua infermità! Accidenti a lui che si prestava a quel gioco di sostituzioni e accidenti a Elizabeth che l'aveva messo nell'assurda posizione di essere geloso di se stesso!
Elizabeth si voltò da una parte, e di profilo la sua figura era più che mai mozzafiato. Rock iniziò a sudare. Quella donna era incredibilmente sexy, lui la desiderava e sapeva di non poterla conquistare.
"Mi dispiace Rock" riprese lei brandendo in aria un piumino come se fosse stata un'arma. "Devo tornare al mio lavoro."
"Posso rendermi utile in qualcosa?"
"No."
"Posso restare qui a osservarti?"
"No."
"Posso premerti contro la parete e baciarti finché non resti senza fiato?"
Rock ammutolì esterrefatto. Le parole gli erano uscite di bocca automaticamente, dettate dalla frustrazione e dalla potenza del suo desiderio.
Per un incredibile, brevissimo secondo, il volto di Elizabeth si tinse di rosso, il respiro le uscì più rapido dalle labbra schiuse e lo sguardo si fuse quello di lui. Ma soltanto per quell'incredibile secondo. Un istante dopo Elizabeth impallidì, le labbra si serrarono con ostilità e lo sguardo divenne gelido.
"E poi ti meravigli perché definisca l'uomo al piano di sopra un gentiluomo." Quindi gli ficcò in mano il piumino e uscì dalla camera, lasciandolo imbarazzato, ammaliato e decisamente. eccitato.
All'inferno l'intelletto! Due persone qualsiasi con gli stessi interessi potevano condividere quel punto. Lui ed Elizabeth l'avevano già fatto, sebbene lei non ne fosse consapevole. Al contrario, per quel breve attimo lei gli aveva risposto fisicamente. Come donna, non come una divinità shakespeariana. L'aveva infiammata il fuoco della passione accendendole i sensi e per quanto potesse negarlo, lei desiderava Rock e non Aidan.
Rock sorrise. Povera Elizabeth. Tutto d'un tratto, Aidan non era più così affascinante come lei lo aveva dipinto. No davvero. Adesso Rock sapeva cosa fare: le avrebbe offerto qualche altra possibilità di sperimentare quel responso fisico per lui, quindi avrebbe azzardato qualcosa di nuovo.
Non le avrebbe più chiesto il permesso di premerla contro la parete e di baciarla finché non sarebbe rimasta senza fiato. Sarebbe passato alle vie di fatto.