00 12/12/2006 00:16
Lunedí 11.12.2006 16:29

Delusione, rabbia, sconforto. Gli uomini più vicini al premier sono a dir poco infuriati per il dibattito in corso sul partito democratico. Prodi in tutti i modi sta tentando di posticipare la questione della collocazione internazionale, proprio perché "al momento non c'è una soluzione". Se non quella di ipotizzare una doppia fase, ovvero un primo momento in cui i Ds restino nel Pse e i margheritini nei liberal-democratici. Ma non c'è niente da fare. Il fuoco di fila è continuo. Il Correntone della Quercia e i dalemiani come Angius e Caldarola insistono sull'adesione del Pd ai socialisti europei e i popolari diellini respingono al mittente le avances, ribattendo "mai e poi mai".

E intanto la tensione sale. Come il sospetto del Professore. Che ormai è convinto che queste dichiarazioni siano fatte ad arte da parte di chi, in entrambi i partiti, vuole frenare il progetto ulivista. O meglio, punta ad arrivare alla mera somma di Quercia e Margherita. Il presidente del Consiglio, però, ha un asso nella manica: il referendum sulla legge elettorale. Non a caso il suo alleato più fedele nei Ds, Walter Veltroni, è tornato alla carica: "Il Paese ha bisogno di un'innovazione elettorale: la nascita del partito democratico non può essere scissa da una riforma istituzionale che dia modernità e stabilità al Paese". L'obiettivo del sindaco di Roma è quello di ricevere da Prodi lo scettro del nuovo soggetto politico e di candidarsi a Palazzo Chigi nel 2011 (sempre che la legislatura non termini prima).